Невинный
Книга для чтения на итальянском языке
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Тематика:
Итальянский и португальский языки
Издательство:
КАРО
Автор:
д`Аннунцио Габриэле
Год издания: 2023
Кол-во страниц: 352
Возрастное ограничение: 12+
Дополнительно
Вид издания:
Художественная литература
Уровень образования:
Дополнительное образование взрослых
ISBN: 978-5-9925-1388-2
Артикул: 746422.02.99
Габриэле д’Аннунцио — итальянский поэт и писатель, политик и военный летчик. Его романы «Джованни Эпископо», «Невинный» и «Триумф смерти» были необычайно популярны не только в Италии, но и во Франции и в России.
Роман «Невинный» во многом автобиографичен. В аристократической итальянской семье на фоне внешнего благополучия между супругами Туллио и Джулианой разыгрывается нешуточная психологическая борьба, которая приводит к трагической развязке. Внимательный читатель, несомненно, найдет в романе ряд параллелей с творчеством русских классиков, Ф. М. Достоевского и Л. Н. Толстого. Роман был экранизирован знаменитым итальянским режиссером Лукино Висконти. Произведение печатается без сокращений и адресовано любителям итальянского языка.
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gabriele D’Annunzio L’innocente letteratura moderna KAPO Санкт-Петербург
УДК 372.8 ББК 81.2 Ита-93 А68 GABRIELE D’ANNUNZIO L’INNOCENTE д’Аннунцио, Габриэле. А68 Невинный : книга для чтения на итальянском языке / Г. д’Аннунцио. — Санкт-Петербург : КАРО, 2023. — 352 с. — (Letteratura moderna). ISBN 978-5-9925-1388-2. Габриэле д’Аннунцио — итальянский поэт и писатель, политик и военный летчик. Его романы «Джованни Эпископо», «Невинный» и «Триумф смерти» были необычайно популярны не только в Италии, но и во Франции и в России. Роман «Невинный» во многом автобиографичен. В аристократической итальянской семье на фоне внешнего благополучия между супругами Туллио и Джулианой разыгрывается нешуточная психологическая борьба, которая приводит к трагической развязке. Внимательный читатель, несомненно, найдет в романе ряд параллелей с творчеством русских классиков, Ф. М. Достоевского и Л. Н. Толстого. Роман был экранизирован знаменитым итальянским режиссером Лукино Висконти. Произведение печатается без сокращений и адресовано любителям итальянского языка. УДК 372.8 ББК 81.2 Ита-93 ISBN 978-5-9925-1388-2 © КАРО, 2023 Все права защищены
Beati immaculati...
со Andare davanti al giudice, dirgli: “Ho commesso un delitto. Quella povera creatura non sarebbe morta se io non l’avessi uccisa. Io Tullio Hermil, io stesso l’ho uccisa. Ho premeditato l’assassinio, nella mia casa. L’ho compiuto con una perfetta lucidita di conscienza, esattamente, nella massima sicurezza. Poi ho seguitato a vivere col mio se-greto nella mia casa, un anno intero, fino ad oggi. Oggi e l’anniversario. Eccomi nelle vostre mani. Ascoltatemi. Giudicatemi”. Posso andare davanti al giudice, posso par-largli cosi? Non posso ne voglio. La giustizia degli uomini non mi tocca. Nessun tribunale della terra saprebbe giudi-carmi. Eppure bisogna che io mi accusi, che io mi confessi. Bisogna che io riveli il mio segreto a qualcuno. A CHI? Il primo ricordo e questo. Era di aprile. Eravamo in provincia, da alcuni giorni, io e Giuliana e le nostre due bambine Maria e Natalia, per
le feste di Pasqua, in casa di mia madre, in una grande e vecchia casa di campagna, detta La Badiola. Correva il settimo anno dal matrimonio. Ed erano gia corsi tre anni da un’altra Pasqua che veramente m’era parsa una festa di perdono, di pace e d’amore, in quella villa bianca e solinga come un mo-nasterio, profumata di violacciocche; quando Natalia, la seconda delle mie figliuole, tentava i primi passi, us-cita allora allora dalle fasce come un fiore dall’invoglio, e Giuliana si mostrava per me piena d’indulgenza, seb-bene con un sorriso un po’ malinconico. Io era tornato a lei, pentito e sommesso, dopo la prima grave infe-delta. Mia madre, inconsapevole, con le sue care mani aveva posto un ramoscello d’olivo a capo del nostro let-to e aveva riempita la piccola acquasantiera d’argento che pendeva dalla parete. Ma ora, in tre anni, quante cose mutate! Tra me e Giuliana era avvenuto un distacco definitivo, irreparabile. I miei torti verso di lei s’erano andati accumulando. Io l’aveva offesa nei modi piu crudeli, senza riguardo, sen-za ritegno, trascinato dalla mia avidita di piacere, dalla rapidita delle mie passioni, dalla curiosita del mio spi-rito corrotto. Ero stato l’amante di due tra le sue amiche intime. Avevo passato alcune settimane a Firenze con Teresa Raffo, imprudentemente. Avevo avuto col falso conte Raffo un duello in cui il mio disgraziato avversario s’era coperto di ridicolo, per talune circostanze bizzarre. E nessuna di queste cose era rimasta ignota a Giuliana. 5
Ed ella aveva sofferto, ma con molta fierezza, quasi in silenzio. C’erano stati pochissimi dialoghi tra noi, e brevi, in proposito; nei quali io non avevo mai mentito, cre-dendo con la mia sincerita diminuire la mia colpa agli occhi di quella dolce e nobile donna che io sapevo in-tellettuale. Anche sapevo che ella riconosceva la superiorita della mia intelligenza e che scusava in parte i disordini della mia vita con le teorie speciose da me esposte piu d’una volta in presenza di lei a danno delle dottrine morali professate apparentemente dalla maggioranza degli uomini. La certezza di non essere giudicato da lei come un uomo comune alleggeriva nella mia con-scienza il peso dei miei errori. “Anch’ella dunque — io pensavo — comprende che, essendo io diverso dagli altri ed avendo un diverso concetto della vita, posso giustamente sottrarmi ai doveri che gli altri vorrebbero impormi, posso giustamente disprezzare l’opinione al-trui e vivere nella assoluta sincerita della mia natura eletta.” Io ero convinto di essere non pure uno spirito ele-tto ma uno spirito raro; e credevo che la rarita delle mie sensazioni e dei miei sentimenti nobilitasse, dis-tinguesse qualunque mio atto. Orgoglioso e curioso di questa mia rarita, io non sapevo concepire un sacri-ficio, un’abnegazione di me stesso, come non sapevo rinunciare a un’espressione, a una manifestazione del 6
mio desiderio. Ma in fondo a tutte queste mie sotti-gliezze non c’era se non un terribile egoismo; poiche, trascurando gli obblighi, io accettavo i benefizi del mio stato. A poco a poco, infatti, di abuso in abuso, io era giunto a riconquistare la mia primitiva liberta col con-senso di Giuliana, senza ipocrisie, senza sotterfugi, senza menzogne degradanti. Io mettevo il mio studio nell’esser leale, a qualunque costo, come altri nel fin-gere. Cercavo di confermare in tutte le occasioni, tra me e Giuliana, il nuovo patto di fraternita, di amicizia pura. Ella doveva essere la mia sorella, la mia migliore amica. Una mia sorella, l’unica, Costanza, era morta a nove anni lasciandomi in cuore un rimpianto senza fine. Io pensavo spesso, con una profonda malinconia, a quella piccola anima che non aveva potuto offrirmi il tesoro della sua tenerezza, un tesoro da me sognato inesauribile. Fra tutti gli affetti umani, fra tutti gli amori della terra, quello sororale m’era sempre parso il piu alto e il piu consolante. Io pensavo spesso alla grande con-solazione perduta, con un dolore che la irrevocabilita della morte rendeva quasi mistico. Dove trovare, su la terra, un’altra sorella? Spontaneamente, questa aspirazione sentimentale si volse verso Giuliana. Sdegnosa di mescolanze, ella aveva gia rinunziato ad ogni carezza, a qualunque abbandono. Io gia da tempo non provavo piu neppur 7
l’ombra d’un turbamento sensuale, standole accanto; sentendo il suo alito, aspirando il suo profumo, guar-dando il piccolo segno bruno ch’ella aveva sul collo, io rimanevo nella piu pura frigidita. Non mi pareva possi-bile che quella fosse la donna medesima che un giorno io aveva veduto impallidire e mancare sotto la violenza del mio ardore. lo le offersi dunque la mia fraternita; ed ella accetto, semplicemente. Se ella era triste, io era piu triste an-cora, pensando che noi avevamo sepolto il nostro amore per sempre, senza speranza di resurrezione; pensando che le nostre labbra non si sarebbero forse unite mai piu, mai piu. E, nella cecita del mio egoismo, mi parve che ella dovesse in cuor suo essermi grata di quella mia tristezza che io gia sentivo immedicabile, e mi parve che ella dovesse anche esserne paga e consolarsene come d’un riflesso del lontano amore. Ambedue un tempo avevamo sognato non pur l’amore ma la passione fino alla morte, usque ad mortem. Ambedue avevamo creduto al nostro sogno e avevamo proferito piu d’una volta, nell’ebrezza, le due grandi parole illusorie: Sempre! Mai! Avevamo perfino creduto all’affinita della nostra carne, a quell’affinita rarissima e misteriosa che lega due creature umane col tremendo legame del desiderio insaziabile; ci avevamo creduto perche l’acutezza delle nostre sensazioni non era dimi-nuita neppure dopo che, avendo noi procreato un nuovo essere, l’oscuro Genio della specie aveva raggiunto per mezzo di noi il suo unico intento. 8
L’illusione era caduta; ogni fiamma era spenta. La mia anima (lo giuro) aveva pianto sinceramente su la ruina. Ma come opporsi a un fenomeno necessario? Come evitare l’inevitabile? Era dunque gran ventura che, morto l’amore per le necessita fatali dei fenomeni e quindi senza colpa di alcuno, noi potessimo ancora vivere nella stessa casa tenuti da un sentimento nuovo, forse non meno pro-fondo dell’antico, certo piu elevato e piu singolare. Era gran ventura che una nuova illusione potesse succe-dere all’antica e stabilire tra le nostre anime uno scambio di affetti puri, di commozioni delicate, di squisite tristezze. Ma, in realta, questa specie di retorica platonica a qual fine tendeva? Ad ottenere che una vittima si las-ciasse sacrificare sorridendo. In realta, la nuova vita, non piu coniugale ma fra-terna, si basava tutta su un presupposto: su l’assoluta abnegazione della sorella. Io riconquistavo la mia lib-erta, potevo andare in cerca delle sensazioni acute di cui avevano bisogno i miei nervi, potevo appas-sionarmi per un’altra donna, vivere fuori della mia casa e trovare la sorella ad aspettarmi, trovare nelle mie stanze la traccia visibile delle sue cure, trovare sul mio tavolo in una coppa le rose disposte dalle sue mani, trovare da per tutto l’ordine e l’eleganza e il nitore come in un luogo abitato da una Grazia. Questa mia condizione non era invidiabile? E non era straordinariamente preziosa la donna che consentiva 9
a sacrificarmi la sua giovinezza, paga soltanto di es-sere baciata con gratitudine e quasi con religione su la fronte altera e dolce? La mia gratitudine talvolta diveniva cos'i calda che si espandeva in una infinita di delicatezze, di premure affettuose. Io sapevo essere il migliore dei fratelli. Quando ero assente, scrivevo a Giuliana lunghe lettere malinconiche e tenere che spesso partivano insieme con quelle dirette alla mia amante; e la mia amante non avrebbe potuto esserne gelosa, allo stesso modo che non poteva esser gelosa della mia adorazione per la memoria di Costanza. Ma, sebbene assorto nell’intensita della mia vita particolare, io non sfuggivo alle interrogazioni che di tratto in tratto mi sorgevano dentro. Perche Giuliana persistesse in quella meravigliosa forza di sacrificio, bi-sognava ch’ella mi amasse d’un sovrano amore; e, aman-domi e non potendo essere se non la mia sorella, doveva portar chiusa in se una disperazione mortale. — Non era dunque un forsennato l’uomo che immolava, senza rimorso, ad altri amori torbidi e vani quella creatura cos' dolorosamente sorridente, cos' semplice, cos' coraggi-osa? — Mi ricordo (e la perversione mia di quel tempo mi stupisce) mi ricordo che tra le ragioni che io dissi a me stesso per acquietarmi, questa fu la piu forte: “La grandezza morale risultando dalla violenza dei dolori superati, perche ella avesse occasione d’essere eroica era necessario ch’ella soffrisse quel ch’io le ho fatto sof-frire”. 10